Protesi seno rotta rischi e conseguenze dell’improvvisazione

Protesi seno rotta rischi e conseguenze dell’improvvisazione

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Protesi seno rotta rischi e conseguenze dell’improvvisazione

I possibili rischi di una protesi al seno rotta.

Dopo un intervento di mastoplastica additiva sottomuscolare, sottoghiandolare o dual plane si può verificare (seppur raramente) una spiacevole complicanza, ovvero una protesi al seno rotta. I rischi di questo avvenimento sono diversi e dipendono principalmente dai materiali di cui è composto l’impianto.

Tutti i tipi di protesi mammarie hanno infatti un guscio esterno in silicone; questo può potenzialmente sviluppare una lacerazione o un foro chiamato rottura. La rottura dell’impianto può avvenire a causa del normale invecchiamento del materiale, di un trauma causato da un incidente d’auto, da difetti di fabbrica o da altri fattori, come l’inesperienza o la disattenzione del chirurgo.

In uno studio del 2013, alcuni ricercatori hanno esaminato i dati relativi alle protesi Mentor e Allergan e hanno scoperto che, dal 51 al 64% dei casi, sono stati gli strumenti chirurgici a causare delle lacerazioni negli impianti in silicone.

Scegliere un chirurgo esperto è quindi molto importante sia per evitare un nuovo intervento, che prevede la sostituzione delle protesi rotte, sia per via dei possibili rischi causati dalla rottura degli impianti mammari.

Oggi vogliamo parlarti proprio delle conseguenze della rottura di una protesi al seno. Ti diremo cosa comporta questo avvenimento in base ai materiali di cui è composta ma anche a seconda della tipologia di rottura: intracapsulare o extracapsulare.

Rottura protesi seno: differenza tra rottura intracapsulare ed extracapsulare.

In seguito alla guarigione da un intervento di mastoplastica additiva, si assiste alla formazione di una capsula cicatriziale intorno alla protesi, che circonda l’impianto separandolo dal resto dei tessuti. Dal termine “capsula periprotesica” derivano poi i termini “rottura intracapsulare ed extra capsulare”.

Ecco, di seguito, il loro significato:

  • Rottura intracapsulare protesi mammaria: in questo caso la protesi si rompe ma il suo contenuto rimane racchiuso all’interno della capsula periprotesica.
  • Rottura extra capsulare delle protesi mammarie: la protesi si rompe e il suo contenuto fuoriesce migrando per l’organismo della donna.

Come puoi ben immaginare, la rottura intracapsulare non presenta alcun tipo di rischio. Potrebbe succedere e tu potresti non accorgertene mai (se non durante un’ecografia mammaria), o al massimo potresti notare delle leggere deformità sotto il seno o ai lati delle mammelle. Comunque sia, con la rottura intracapsulare non c’è alcun rischio per la tua salute e, se lo vuoi, potresti anche non sottoporti a un intervento per sostituire la protesi mammaria.

La rottura extracapsulare è invece un caso molto diverso e potrebbero esserci rischi per la tua salute, in particolare a seconda del materiale di cui è composta la protesi.

 

Materiali delle protesi e rottura extracapsulare

Le protesi mammarie possono essere composte da una capsula di silicone che racchiude soluzione salina (ormai questi impianti sono molto rari) oppure da gel di silicone più o meno compatto. La loro rottura può avvenire per via di una lacerazione del guscio esterno della protesi o, solo nel caso degli impianti mammari con soluzione salina, per via della rottura della valvola che tiene chiusa la protesi.

I due diversi materiali si comportano in modo estremamente diverso nel caso di rottura extracapsulare. Ecco in che modo:

  • Protesi al seno con soluzione salina: poiché si tratta di un materiale liquido, la soluzione salina fuoriesce rapidamente – di solito nel corso di pochi giorni – dalla capsula e il seno appare sgonfio. L’organismo assorbe la soluzione salina fuoriuscita dalla capsula.
  • Protesi al seno in silicone: quando si rompe una protesi in silicone, il gel fuoriesce più lentamente dal guscio rispetto alla soluzione salina, in quanto è un materiale denso. La rottura extracapsulare si verifica quando le protesi sono obsolete e/o di scarsa qualità. Invece le protesi migliori e più moderne, come le protesi Motiva, presentano un gel di silicone altamente coeso che non fuoriesce dalla capsula periprotesica nonostante un’eventuale rottura.

Continua a leggere per sapere quali sono i rischi di una protesi rotta (e fuoriuscita dalla capsula) in base al materiale di cui è composta.

Rottura di una protesi mammaria con soluzione salina: rischi e conseguenze.

I rischi della rottura di una protesi al seno con soluzione salina sono nulli: la soluzione salina è biocompatibile e viene assorbita dal corpo senza alcun pericolo per la salute della paziente.

Le conseguenze sono invece molto fastidiose. Il seno si sgonfia completamente o quasi, dunque la donna deve sottoporsi a un nuovo intervento se vuole continuare ad avere un seno rifatto naturale. Non è raro, dunque, che qualcuno chieda un risarcimento per la rottura della protesi al seno.

Vogliamo tranquillizzarti: Dottor Cristiano Biagi utilizza solamente protesi mammarie del marchio Motiva, le migliori sul mercato. Queste sono realizzate in silicone altamente coeso, dunque non hanno soluzione salina né il gel di silicone liquido di cui parleremo nel seguente paragrafo.

La rottura extra capsulare di una protesi in gel di silicone non coeso

Come ti abbiamo anticipato, la rottura extracapsulare delle protesi in silicone avviene quando il gel di silicone non è molto coeso o è completamente liquido. Quando il gel è compatto, come nelle protesi Motiva, non può fuoriuscire dalla capsula periprotesica: dalla rottura del guscio ne risulta solamente una protesi leggermente deforme ma comunque con particelle ben salde tra loro.

Va fatto un discorso diverso quando il silicone è liquido o comunque poco compatto; ciò avviene nelle protesi molto vecchie o di scarsa qualità. Il gel di silicone, in questo caso, può fuoriuscire dalla capsula periprotesica e, al contrario della soluzione salina, non viene assorbito dal corpo.

Il gel di silicone liquido può diffondersi in altre parti del corpo, come i linfonodi o i polmoni. In casi straordinari, possono formarsi grumi – chiamati granulomi di silicone – nel braccio, nell’ascella, nella zona del torace o in altre parti del corpo. Il rischio è avere un’infiammazione del seno, un ingrossamento dei linfonodi oppure un tumore molto raro chiamato linfoma anaplastico a grandi cellule (ALCL).

Questo tumore si manifesta con:

  • linfonodi ingrossati, spesso al livello del collo e/o delle ascelle;
  • inappetenza;
  • affaticamento;
  • forte dimagrimento;
  • febbre;
  • sudorazione notturna;
  • possibile tosse, dispnea e/o edema.

L’ALCL può inoltre colpire le ossa, il midollo osseo, i polmoni, la milza, il fegato e il tessuto sottocutaneo.